
INDICE
- Guida completa ai 5 quesiti del referendum 8-9 giugno 2025
- Il primo quesito: “Contratto di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi: abrogazione”
- Il secondo quesito: “Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennita’: Abrogazione parziale”
- Il terzo quesito: “Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi”
- Il quarto quesito: “Esclusione della responsabilita’ solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come
conseguenza dei rischi specifici propri dell’attivita’ delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione” - Il quinto quesito: “Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana”
- Come si vota?
- Assistenza legale in materia contrattuale
Guida completa ai 5 quesiti del referendum 8-9 giugno 2025
In questo articolo forniamo una guida completa ai 5 quesiti del referendum 8-9 giugno 2025 approfondendo gli aspetti giuridici e spiegando quali sono le conseguenze pratiche del voto degli italiani.
Domenica 8 e lunedì 9 giugno i cittadini italiani saranno chiamati a rispondere “SI” o “NO” decidendo così se modificare o no le leggi.
4 quesiti sono riferiti a modifiche in ambito di diritto del lavoro, 1 quesito si riferisce a modifiche relative all’acquisto della cittadinanza italiana per stranieri. Di seguito approfondiamo ogni singolo quesito indicando come sarebbero modificati i testi legislativi e quali sarebbero le conseguenze pratiche.
Il primo quesito: “Contratto di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi: abrogazione”
Il primo quesito cui i cittadini italiani sono chiamati a rispondere “sì” o “no” è questo:
Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, come modificato dal d.l. 12 luglio 2018, n. 87, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2018, n. 96, dalla sentenza della Corte costituzionale 26 settembre 2018, n. 194, dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145; dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, dal d.l. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla L. 5 giugno 2020, n. 40; dalla sentenza della Corte costituzionale 24 giugno 2020, n. 150; dal d.l. 24 agosto 2021, n. 118, convertito con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147; dal d.l. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n. 79 (in G.U. 29/06/2022, n. 150); dalla sentenza della Corte costituzionale 23 gennaio 2024, n. 22; dalla sentenza della Corte costituzionale del 4 giugno 2024, n. 128, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?
Il quesito si riferisce al cd. “Jobs Act” del 2015 ( e chiede al cittadino se vuole l’abrogazione totale della legge. Il cd. “Jobs Act” ha disciplinato le forme di tutela del lavoratore dipendente dai casi di licenziamento illegittimo.
La domanda è lunga perché riporta tutte le modifiche che sono intervenute nel frattempo e che hanno modificato la legge. Quindi il cittadino deciderà se:
- votare SI: abrograre il cd. “Jobs Act”
- votare NO: mantenere in vita il cd. “Jobs Act”
Referendum sul Jobs Act 2025 in breve
Cerchiamo di riassumere in breve la portata del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, cd. “Jobs Act”, che i cittadini sono chiamati a decidere se approvare o abrogare.
In generale, lo scopo di questa legge è stato quello di introdurre un nuovo regime sanzionatorio per i licenziamenti illegittimi. Questa legge ha cercato di stabilire dei criteri “fissi” per risarcire il lavoratore ingiustamente licenziato, togliendo in questo modo potere discrezionale ai giudici. Tuttavia, questa legge si applica esclusivamente ai lavoratori assunti a tempo indeterminato dopo il 7 marzo 2015 (operai, impiegati, quadri).
Le principali tutele che prevede il cd. Jobs Act sono queste:
- Reintegrazione limitata: obbligatoria solo per licenziamenti discriminatori o intimati durante malattia, infortunio, gravidanza
- Indennità risarcitoria: sostituisce la reintegrazione nella maggior parte dei casi, con importo predeterminato in base all’anzianità
La legge ha subito varie modifiche nel tempo che ne dimostrano (in parte) le sue carenze.
Questi interventi sono tutti indicati nel quesito e possiamo riassumerle in breve:
- la legge 96/2018 (cd. Decreto dignità) ha rivisto i valori minimi e massimi dell’indennità (minimo: da 4 a 6 mensilità / massimo: da 24 a 36 mensilità)
- sentenza della Corte costituzionale n. 150/2020: ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 4 per la quantificazione automatica dell’indennità in caso di vizi formali/procedurali, perché ritenuta contraria al principio di proporzionalità
- sentenza della Corte costituzionale n. 254/2020: ha dichiarato l’incostituzionalità parziale dell’art. 3, comma 1, per la predeterminazione rigida del risarcimento, non adeguata alla gravità del licenziamento
- sentenza della Corte costituzionale n. 44/2024: ha confermato la legittimità dell’art. 1, comma 3, sull’applicazione retroattiva del regime a lavoratori assunti prima del 2015 in casi specifici
In definitiva
Il referendum sul Jobs Act 2025 importa che gli italiani devono decidere se mantenere questa legge che stabilisce dei criteri giuridici per la determinazione del risarcimento dovuto in caso di licenziamento oppure se eliminarla comportando il ritorno in vigore della disciplina contenuta nello Statuto dei lavoratori che ammette il reintegro del lavoratore nell’azienda.
Il secondo quesito: “Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennita’: Abrogazione parziale”
Questo è il secondo quesito:
Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennita’ puo’ essere maggiorata fino a 10 mensilita’ per il prestatore di lavoro con anzianita’ superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilita’ per il prestatore di lavoro con anzianita’ superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa piu’ di quindici prestatori di lavoro.”?
Questo quesito è sempre in ambito di diritto del lavoro e riguarda la legge che disciplina i licenziamenti individuali.
Quindi il cittadino deciderà se:
- votare SI: eliminerà dalla legge sui licenziamenti i riferimenti ai “massimi di mensilità” lasciando libero il giudice di determinare il risarcimento che ritiene giusto rispetto al licenziamento illegittimo
- votare NO: manterrà i limiti sui “massimi di mensilità” che il giudice può stabilire per il risarcimento rispetto al licenziamento illegittimo
-leggi anche: Straining: il datore di lavoro deve risarcire il danno al lavoratore causato da una condotta illecita stressogena
Referendum sulle indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese in breve
Per comprendere il significato del quesito si deve confrontare come si modificherebbe la norma.
Attualmente l’art. 8 della legge sui licenziamenti individuali stabilisce che:
Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell’impresa, all’anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro
Se viene approvato questo quesito referendario la norma sarebbe così modificata:
Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un’indennità di importo [
compreso tra un] minimo di 2,5 [ed un massimo di 6] mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell’impresa, all’anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. [La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro]
In definitiva
Il referendum sulle indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese comporta che gli italiani dovranno decidere se il giudice chiamato a decidere su un licenziamento illegittimo debba attenersi a dei criteri rigidi per determinare il risarcimento del lavoratore o possa essere più libero nel valutare e determinare questo risarcimento stabilendo delle cifre più alte di quelle tuttora in vigore.
Il terzo quesito: “Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi”
Questo è il terzo quesito:
Volete voi che sia abrogato il d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, avente ad oggetto “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’art. 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” limitatamente alle seguenti parti: Articolo 19, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto puo’ avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b-bis)”; comma 1-bis, limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “, in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; Articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?
Anche questo quesito è in materia di diritto del lavoro ed è di particolare rilevanza perché riguarda tutti coloro cui vengono offerte soluzioni contrattuali a termine.
Quindi il cittadino deciderà se:
- votare SI: abrogare il cd. “decreto contratti di lavoro 2015” nella parte in cui permette al datore di lavoro di offrire dei contratti a tempo determinato con più libertà
- votare NO: mantenere in vita cd. “decreto contratti di lavoro 2015” permettendo al datore di lavoro di avere più libertà nell’offrire contratti di lavoro a tempo determinato
Referendum 2025 sui contratti a tempo determinato in breve
Come per il quesito precedente per comprendere la modifica bisogna confrontare il testo della legge prima e dopo della possibile modifca.
Attualmente l’art. 19 della legge sui contratti di lavoro stabilisce che:
1. Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;
b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il ((31 dicembre 2025)), per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.1-bis. In caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a dodici mesi in assenza delle condizioni di cui al comma 1, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi
4. Con l’eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l’apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall’inizio della prestazione. L’atto scritto contiene, in caso di rinnovo, la specificazione delle esigenze di cui al comma 1 in base alle quali è stipulato; in caso di proroga e di rinnovo dello stesso rapporto tale indicazione è necessaria solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi
Se viene approvato questo quesito referendario la norma sarebbe così modificata:
1. Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata [
non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque] non eccedente i ventiquattro mesi, solo [in presenza di almeno una delle seguenti condizioni]:
a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;
b) [in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il ((31 dicembre 2025)), per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;] [b-bis)] in sostituzione di altri lavoratori.1-bis. In caso di stipulazione di un contratto [
di durata superiore a dodici mesi] in assenza delle condizioni di cui al comma 1, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato [dalla data di superamento del termine di dodici mesi]4. Con l’eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l’apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall’inizio della prestazione. L’atto scritto contiene, [
in caso di rinnovo], la specificazione delle esigenze di cui al comma 1 in base alle quali è stipulato; in caso di proroga e di rinnovo dello stesso rapporto tale indicazione è necessaria [solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi]
Attualmente l’art. 21 della legge sui contratti di lavoro stabilisce che:
01. Il contratto può essere prorogato e rinnovato liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente, solo in presenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1. In caso di violazione di quanto disposto dal primo periodo, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. I contratti per attività stagionali, di cui al comma 2 del presente articolo, possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1.
Se viene approvato questo quesito referendario la norma sarebbe così modificata:
01. Il contratto può essere prorogato e rinnovato [
liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente], solo in presenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1. In caso di violazione di quanto disposto dal primo periodo, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. I contratti per attività stagionali, di cui al comma 2 del presente articolo, possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1.
In definitiva
gli italiani chiamati a votare al referendum 2025 sui contratti a tempo determinato se voteranno “SI” stabiliranno che:
- il contratto di lavoro a tempo determinato possa essere offerto solo nei casi previsi dalla legge (casi previsti dai contratti collettivi e per le sostituzioni)
- il contratto di lavoro a tempo determinato non possa essere offerto per esigenze di natura meramente “organizzativa”
- se è offerto un contratto a tempo determinato che viola le condizioni stabilite dalla legge si trasforma automaticamente in indeterminato
- il contratto deve specificare per iscritto il motivo per cui è offerto a tempo determinato (giustificandolo in base ai criteri legali)
Votando “NO” rimarrà tutto come è ora.
Il quarto quesito: “Esclusione della responsabilita’ solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come
conseguenza dei rischi specifici propri dell’attivita’ delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione”
Questo è il quarto quesito:
Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, in tema di “Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione”, di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonche’ dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attivita’ delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?
Questo quesito è leggermente più tecnico. Riguarda la disciplina per la tutela della sicurezza sul luogo di lavoro.
I cittadini sono chiamati a decidere se la responsabilità per gli infortuni avvenuti sul luogo di lavoro debba rimanere atrtibuibile solo alla singola impresa appaltatrice o subappaltatrice oppure debba essere condivisa tra il committente-appaltatore-subappaltatore.
Quindi il cittadino deciderà se:
- votare SI: stabilirà che nel caso di infortuni sul luogo di lavoro saranno responsabili tutti quanti: committente + appaltatore + subappaltatore
- votare NO: mantenere la regola attuale per cui per gli infortuni sul luogo di lavoro risponde solo l’impresa titolare del rapporto di lavoro
Referendum 2025 sulla responsabilità solidale negli appalti in breve
Come per il quesito precedente per comprendere la modifica bisogna confrontare il testo della legge prima e dopo della possibile modifca.
Attualmente l’art. 26 della legge sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro stabilisce che:
4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l’imprenditore committente risponde in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
Se viene approvato questo quesito referendario la norma sarebbe così modificata:
4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l’imprenditore committente risponde in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). [
Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.]
Facciamo un esempio sciocco ma efficace per meglio comprendere il significato di questo cambiamento:
Il Comune di Venezia affida all’impresa “A” di fare dei lavori di restauro del palazzo del Comune. L’impresa “A” subappalta all’impresa “B” parte dei lavori che non riesce a realizzare da sola. Il lavoratore Tizio, dipendente dell’impresa “B” si fa male sul luogo di lavoro per mancanza di strumenti di sicurezza. Attualmente, di questo infortunio risponde solo l’impresa subappaltatrice “B”. Se il referendum viene approvato, invece, risponderanno dell’infortunio sia il Comune di Venezia sia l’impresa “A” che l’impresa “B”.
In definitiva
al referendum 2025 sulla responsabilità solidale negli appalti se gli italiani lo approveranno comporterà che nell’ambito degli infortuni sul luogo di lavoro tutti i soggetti principali coinvolti nei lavori saranno responsabili per l’infortunio garantendo al lavoratore (e la sua famiglia) più possibilità di vedersi tutelati i suoi diritti.
Il quinto quesito: “Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana”
Questo è il quinto quesito:
Volete voi abrogare l’articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonche’ la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante “Nuove norme sulla cittadinanza”?
Questo è il quesito scritto in maniera più comprensibile e che richiede meno spiegazioni.
Il cittadino deciderà se:
- votare SI: ridurrà il requisito temporale per ottenere la cittadinanza italiana a 5 anni
- votare NO: mantenere la regola attuale per cui la cittadinanza si ottiene dopo 10 anni di residenza
Referendum cittadinanza 2025 in breve
Attualmente l’art. 9 della legge sulla cittadinanza stabilisce che:
1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’interno:a) allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, comunque fatto salvo quanto previsto dall’articolo 4, comma 1, lettera c);b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione;c) allo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato;d) al cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;e) all’apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica;f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’interno:a) allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, comunque fatto salvo quanto previsto dall’articolo 4, comma 1, lettera c);b) allo straniero maggiorenne [adottato da cittadino italiano] che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni [successivamente alla adozione];c) allo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato;d) al cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;e) all’apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica;f) [allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica].
Come si vota?
Si vota dalle 7:00 fino alle 23:00 di domenica 8 giugno e nella giornata di lunedì 9 giugno dalle 7:00 alle 15:00
Cosa viene consegnato al cittadino? Ognuno riceverà 5 schede dove saranno trascritti i quesiti sopra spiegati e dovrà apporre la propria “X” sulla casella de “SI” o del “NO”.
Ogni cittadino può decidere liberamente di votare alcuni quesiti e di non votarne altri. Poi, ci sono sempre i simpatici che metteranno una bella fetta di salame in mezzo.
Come si approva un referendum? (cd. quorum) E’ necessario che si presenti a votare almeno il 50%+1 degli aventi diritto al voto. Se si presenta metà degli italiani più uno allora la votazione del referendum può essere presa in considerazione. Il “SI” o il “NO” vincono se superano la metà dei voti.
ATTENZIONE
Ogni quesito referendario è a sé! Questo significa che alcuni referendum potrebbero essere presi in considerazione e altri no pur facendo parte della stessa votazione.
Ad esempio il referendum cittadinanza 2025 potrebbe essere ammesso perché a quello partecipa il 50%+1 degli aventi diritto al voto mentre il referendum sul Jobs Act 2025 potrebbe non essere ammesso perché ci partecipa meno del 50%+1 degli aventi diritto.
Assistenza legale in materia contrattuale
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