Bloccati tutti i procedimenti in Co.Re.Di? L'Italia in causa avanti la CEDU per la violazione del principio di udienza pubblica avanti le Co.Re.Di

Il caso: l’Italia viola la CEDU mantenendo le udienze in Co.Re.Di chiuse al pubblico?

Novità esplosiva: Italia in causa avanti la CEDU per la violazione del principio di udienza pubblica avanti le Co.Re.Di

Pende avanti alla Corte europea dei diritti umani un ricorso contro l’Italia (n. 59632-15 Mazza + 2) perchè il procedimento avanti alla Commissione non è pubblico; questo violerebbe il par. 6.1 della Convenzione dei diritti umani (diritto ad un’udienza pubblica).

Il 20 giugno è scaduto il termine per un “regolamento amichevole” e quindi, non essendo stato definito, verrà emessa una decisione sul seguente quesito:

alla luce dei principi stabiliti dalla Corte in materia, l’assenza di un’udienza pubblica per tutta la durata del procedimento ha comportato una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (Ramos Nunes de Carvalho e Sá c. Portogallo [GC], nn. 55391/13 e altri 2, §§ 187-192, 6 novembre 2018, Martinie c. Francia [GC], n. 58675/00, §§ 39-44, CEDU 2006-VI, 12 aprile 2006, e Durand c. Francia, n. 10212/07, §§ 37-39, 31 gennaio 2012)?

Ora se la Corte decidesse che l’assenza di una pubblica udienza violi la Convenzione, le decisioni delle Commissioni dovranno avvenire appunto in pubblica udienza mentre quelle già emesse potrebbero essere impugnate (ove i termini siano ancora parti ovviamente) per la violazione di questa disposizione.

Personalmente trovo che dare pubblicità a questi procedimenti rischi di consentire lo strepitus fori, che ad es. la discussione in camera di consiglio in Corte di cassazione (art. 26, u.c., d. lgs. n. 150/2011) previene, ma ormai la questione è sul tavolo della Corte.

La giurisprudenza della Corte di cassazione sulla pubblicità delle udienze

La Corte EDU ha invitato le parti a discutere della sentenza della Corte di Cassazione italiana 5/5/2016, n. 9041, contraria all’asserita violazione della norma citata, posto che -traggo dalla lunghissima motivazione-

innanzitutto, l‘art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo non prevede c h e tutta l’attività processuale debba svolgersi pubblicamente, ma assicura (salve talune specificate eccezioni) al soggetto che debba far valere i suoi diritti o debba veder determinati i suoi doveri o debba rispondere di un’accusa il diritto ad una pubblica udienza, in tal senso esigendo che il processo debba prevedere un momento di trattazione in un’udienza pubblica, e non che vi si debba tenere tutto lo svolgimento processuale (Cass. 18 luglio 2008, n. 19947).

E’ poi orientamento consolidato di questa Corte (Cass. 18 giugno 2012, n. 9983; Cass., sez. un., 20 aprile 2004, n. 7585) che il principio di pubblicità del giudizio, posto dall’art. 6 della C.E.D.U., non è di applicazione assoluta, potendo essere limitato, fermo restando i l rispetto dell’ inderogabile principio del contraddittorio – oltre che nell’ interesse della morale, dell’ordine pubblico, della sicurezza nazionale, dei minori o della vita privata delle stesse parti del processo – anche nell’interesse della giustizia, laddove lo giustifichino esigenze particolari (quale è, per l’appunto, quella concernente l a celerità delle controversie in materia di impugnazione dei provvedimenti disciplinari a carico dei notai, che , come si legge nella Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 26, sono state “ricondotte al rito sommario di cognizione in virtù dei caratteri di semplificazione della trattazione e dell’ istruzione della causa, evidenziati dal rinvio, ad opera della normativa previgente, alla disciplina del procedimento in camera d i consiglio, e del resto corrispondenti al suo circoscritto oggetto che, anche per la sua natura, ne impone altresì la snellezza”)

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La giuisprudenza della Corte EDU sulle udienze pubbliche

Da alcuni dei precedenti citati dalla Corte si traggono queste indicazioni (Ramos Nunes de Carvalho e Sá c. Portogallo [GC], nn. 55391/13 e altri 2,  §§ 187-192, 6 novembre 2018) che riprende anche il ragionamento svolto nelle altre due sentenze citate:

187. La Corte osserva innanzitutto che il diritto a un’udienza orale non è solo legato alla questione se il procedimento comporti l’esame di testimoni che renderanno la loro testimonianza oralmente. È anche importante che i  contendenti abbiano la possibilità di esporre oralmente la propria causa davanti ai tribunali nazionali (cfr. Göç, sopra citato, § 48). Pertanto, il diritto a un’udienza orale è un elemento alla base della generale parità di armi tra le parti del procedimento (si veda, mutatis mutandis, Margaretić v. Croatia, no. 16115/13, §§ 127-28, 5 giugno 2014).

La Corte ribadisce inoltre che, secondo la sua giurisprudenza consolidata, nei procedimenti dinanzi a un tribunale di primo e unico grado il diritto a un’ “udienza pubblica” ai sensi dell’articolo 6 § 1 comporta il diritto a un’“udienza orale” a meno che non vi siano circostanze eccezionali che giustifichino la rinuncia a tale udienza (cfr. Göç, sopra citata, § 47). Inoltre, nella causa Martinie c. Francia ([GC], n. 58675/00, § 39-42, CEDU 2006-VI), la Corte ha riassunto i principi pertinenti come segue:

39. La Corte ribadisce che il carattere pubblico dei procedimenti dinanzi agli organi giudiziari di cui all’articolo 6 § 1 protegge le parti in causa dall’amministrazione della giustizia in segreto, senza alcun controllo pubblico; è anche uno dei mezzi con cui si può mantenere la fiducia nei tribunali, superiori e inferiori. Rendendo visibile l’amministrazione della giustizia, la pubblicità contribuisce alla realizzazione dell’obiettivo dell’articolo 6 § 1, ossia un processo equo, la cui garanzia è uno dei principi fondamentali di ogni società democratica, ai sensi della Convenzione (cfr., tra le molte altre autorità, Axen c. Germania, 8 dicembre 1983, § 25, Serie A 72).

40. Il diritto a un’udienza pubblica implica un’udienza pubblica davanti al tribunale competente (si vedano, tra l’altro, mutatis mutandis, Fredin c. Svezia (n. 2), 23 febbraio 1994, § 21, Serie A n. 283-A, e Fischer c. Austria, 26 aprile 1995, § 44, Serie A n. 312). L’articolo 6 § 1 non vieta tuttavia ai tribunali di decidere, alla luce delle particolarità del caso sottoposto alla loro attenzione, di derogare a tale principio: in conformità con l’attuale formulazione di questa disposizione, “… la stampa e il pubblico possono essere esclusi da tutto o parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo richiedono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti, o nella misura strettamente necessaria, a giudizio della corte, in circostanze particolari in cui la pubblicità pregiudicherebbe gli interessi della giustizia”; lo svolgimento del procedimento, in tutto o in parte, a porte chiuse deve essere strettamente richiesto dalle circostanze del caso (si veda, ad esempio, mutatis mutandis, Diennet c. Francia, 26 settembre 1995, § 34, Serie A no 325-A).

41. Inoltre, la Corte ha ritenuto che circostanze eccezionali relative alla natura delle questioni che il tribunale deve decidere nel procedimento in questione (si veda, mutatis mutandis, Miller c. Svezia, no. 55853/00, § 29, 8 febbraio 2005) possono giustificare la rinuncia a un’udienza pubblica (si veda, in particolare, Göç c. Turchia [GC], 36590/97, § 47, CEDU 2002-V). … Va sottolineato, tuttavia, che nella maggior parte dei casi relativi a procedimenti dinanzi a tribunali “civili” che si pronunciano sul merito in cui si è giunti a tale conclusione, il richiedente ha avuto la possibilità di richiedere un’udienza pubblica.

42. La situazione è piuttosto diversa quando, sia in appello (se del caso) che in primo grado, il procedimento “civile” di merito si svolge in privato, in conformità con un principio generale e assoluto, senza che la parte in causa possa chiedere un’udienza pubblica in quanto il suo caso presenta caratteristiche particolari. Un procedimento condotto in questo modo non può essere considerato, in linea di principio, compatibile con l’articolo 6 § 1 della Convenzione(si veda, ad esempio, Diennet e Göç, citati sopra): al di fuori di circostanze del tutto eccezionali, le parti in causa devono almeno avere la possibilità di chiedere un’udienza pubblica, anche se il giudice può rifiutare la richiesta e tenere l’udienza in privato a causa delle circostanze del caso e per i motivi sopra menzionati

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E’ possibile una deroga all’udienza pubblica?

La Corte ha individuato le seguenti situazioni in cui le circostanze eccezionali sopra menzionate possono giustificare la rinuncia a un’udienza:

  1. quando non vi sono questioni di credibilità o fatti contestati che richiedano un’udienza e i tribunali possono decidere in modo equo e ragionevole il caso sulla base del fascicolo (si veda Döry c. Svezia, no. 28394/95, § 37, 12 novembre 2002, e Saccoccia c. Austria, no. 69917/01, § 73, 18 dicembre 2008);
  2. in casi che sollevano questioni puramente giuridiche di portata limitata (cfr. Allan Jacobsson c. Svezia (no. 2), 19 febbraio 1998, § 49, Reports 1998-I, e Mehmet Emin Şimşek c. Turchia, no. 5488/05, §§ 29-31, 28 febbraio 2012), o punti di diritto di non particolare complessità (cfr. Varela Assalino Portogallo (dec.), n. 64336/01, 25 aprile 2002, e Speil c. Austria (dec.), 42057/98, 5 settembre 2002);
  3. quando la corte ha bisogno di ottenere chiarimenti su alcuni punti, tra l’altro mediante un’udienza (cfr. Fredin c. Svezia (n. 2), 23 febbraio 1994, 22, Serie A n. 283-A, e Lundevall c. Svezia, no. 38629/97, § 39, 12 novembre 2002). La Corte ha precedentemente esaminato la questione se la mancanza di un’udienza pubblica al livello inferiore possa essere sanata da un’udienza pubblica nella fase di appello.

In una serie di casi ha ritenuto che il fatto che i procedimenti dinanzi a una corte d’appello si svolgano in pubblico non possa rimediare alla mancanza di un’udienza pubblica ai livelli inferiori di giurisdizione, quando l’ambito del procedimento d’appello è limitato, in particolare quando la corte d’appello non può riesaminare il merito del caso, compreso un esame dei fatti e una valutazione della proporzionalità della sanzione rispetto alla cattiva condotta (si vedano, ad esempio, in un contesto disciplinare, Le Compte, Van Leuven e De Meyere, sopra citati, § 60. Albert e Le Compte, sopra citati, § 36; Diennet, sopra citati, § 36; Albert e Le Compte, citata sopra, § 36; Diennet, citata sopra, § 34; e Gautrin e altri c. Francia, 20 maggio 1998, § 42. Francia, 20 maggio 1998, § 42, Rapporti 1998-III).

Se, tuttavia, la corte d’appello ha piena giurisdizione, la mancanza di un’udienza davanti a un livello inferiore di giurisdizione può essere sanata davanti a tale corte (si veda, ad esempio, Malhous, citato sopra, § 62, e, in un contesto disciplinare, c. Finlandia (dec.), no. 44998/98, 8 gennaio 2004, e Buterlevičiūtė Lituania, no. 42139/08, §§ 52-54, 12 gennaio 2016).

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I procedimenti in corso avanti le Co.Re.Di dovranno essere sospesi?

E nel frattempo?

Il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha dato parere negativo alla prosecuzione dei procedimenti, che dunque dovrebbero essere sospesi, ma la legge notarile non contempla casi diversi di sospensione al di fuori della pregiudiziale penale indicata dall’art. 158-quinquies e dunque la sospensione non è ammissibile, potendosi semmai procedere a rinvii continui, in attesa della sentenza, che comunque non hanno effetto interruttivo della prescrizione.

D’altro canto il rinvio contenuto nell’art. 160 l.n. alla l. n. 241/1990 non darebbe esito migliore perchè non c’è una disposizione sulla sospensione del procedimento, al di fuori del comma 7 dell’art. 2, estraneo al caso di specie, posto che

i termini di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo possono essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni

Infatti indica la giurisprudenza amministrativa che (Cons. giust. amm. Sicilia, 13/11/2023, n. 801 e diverse alrte decizioni):

nel vigente ordinamento amministrativo, improntato a rendere la durata dei procedimenti certa e breve, in ossequio al canone costituzionale del buon andamento e a quello convenzionale eurounitario del diritto a una buona amministrazione, non esiste un principio di diritto che legittimi la sospensione o la quiescenza a tempo indeterminato di un procedimento amministrativo

Insomma, il procedimento non può essere sospeso, come ho scritto nel par. La sospensione del procedimento, in Sicchiero-Stivanello Gussoni, Il procedimento disciplinare notarile, Utet giuridica, 2017, pag. 301 ss.

-leggi anche: Quali limiti ai poteri di controllo dei consigli notarili non di iscrizione?

Ultima notazione

Sono autore isolato nel ritenere che il procedimento avanti alla CoReDi abbia forma amministrativa ma natura giurisdizionale (Sicchiero, Funzione disciplinare e natura penale nelle sanzioni, in Il procedimento disciplinare notarile, cit., p. 4 ss.) e non ho mai cambiato idea sebbene, come avvocato, quando difendo i notai tengo conto di come decide la giurisprudenza, non delle mie (incrollabili) convinzioni.

Ora aspetto la decisione della Corte Edu, chissà che ne pensano a Strasburgo.

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