
Problemi comuni che si verificano quando si ha accettazione tacita dell’eredità
E’ stata pubblicata la bozza di modifica del ddl semplificazioni sulla trascrizione dell’accettazione tacita dell’eredità: qui di seguito analizziamo le prospettive future in relazione alla disciplina attuale.
E’ ben noto che molto di rado chi riceve in eredità un immobile trascrive l’accettazione: il più delle volte proprio non pensa nemmeno di effettuare un atto di accettazione.
Sappiamo poi tutti che la pura presentazione della dichiarazione di successione non produce effetti civili, visto quanto prevede l’art. 5 del d. lgs. n. 347/1990
La trascrizione del certificato è richiesta ai soli effetti stabiliti dal presente testo unico e non costituisce trascrizione degli acquisti a causa di morte degli immobili e dei diritti reali immobiliari compresi nella successione
come confermato anche dalla Cassazione (Cass.1/03/2025, n. 5474; 5/3/2024, n. 5876; 22/3/2022, n. 9186 ecc.).
L’unica eccezione è se alla dichiarazione di successione si accompagni la richiesta di voltura catastale, perchè costituisce, ovviamente solo per chi la chieda, una forma di accettazione tacita, in quanto la voltura non è obbligatoria e dimostra la volontà che l’immobile diventi dell’erede: Cass., 18/02/2003, n. 2422.
Ora che la voltura catastale è automatica salvo diversa indicazione del dichiarante, questa ipotesi sarà sempre più frequente, ma comunque sempre solo a favore del dichiarante, mai di terzi, posto che l’accettazione tacita è opera del chiamato e non di estranei, chiunque siano: Cass., 13/8/2024, n. 22769.
Casi particolari di accettazione tacita dell’eredità
La conseguenza ben nota a tutti i notai è che, quando l’erede intenda vendere l’immobile -ammesso che ciò accada- sarà questa vendita a costituire titolo per dimostrare l’accettazione tacita e ad essere trascritta al fine di avere la continuità con il defunto.
Si pone poi talora il problema della vendita che avvenga ad oltre 10 anni dalla morte, ipotesi in cui si potrebbe dire che il diritto di accettare è prescritto; il che non ferma le stipule perchè solo in un ipotetico contenzioso con altri coeredi o chiamati successivamente la questione diverrebbe concreta, mentre la trascrizione del trasferimento non ne è impedita.
Tra l’altro, ben si può aggiungere che se l’erede abbia abitato nell’immobile, il possesso trimestrale comporta accettazione tacita ex art. 485 c.c., acquisto che non si produce solo nel caso di coabitazione del coniuge superstite, in quanto la giurisprudenza dice che qui il titolo per la coabitazione non è il possesso, ma il legato ex lege ex art. 540 c.c. e con questo la Cassazione ha risposto all’Agenzia delle Entrate che voleva rivalersi sul coniuge superstite per i debiti di quello defunto: Cass. civ., 27/1/2016, n. 1588:
In tema di imposta di registro, non sussistono le condizioni per l’applicazione dell’aliquota proporzionale nei confronti del coniuge del “de cuius” che abbia dichiarato tardivamente di rinunciare all’eredità, in relazione all’abitazione coniugale in possesso del medesimo e di proprietà del “de cuius”. Ed infatti non può ritenersi che il possesso di detto bene comporti “ope legis” l’acquisizione della qualità di erede con conseguente effetto traslativo dell’atto abdicativo sottoponibile ad imposta di registro, posto che il coniuge, con l’apertura della successione, diviene titolare del diritto reale di abitazione della casa adibita a residenza familiare, ai sensi del combinato disposto degli artt. 540 e 1022 cod. civ., e quindi non a titolo successorio-derivativo bensì a diverso titolo costitutivo, fondato sulla qualità di coniuge, che prescinde dai diritti successori
sulla scorta di Cass., 29/1/2008, n. 1920.
-leggi anche: Accettazione tacita dell’eredità: cosa significa, rischi e come difendersi – Guida aggiornata 2025
Le novità introdotte dal d.d.l. “semplificazioni” alle successioni
Oggi però c’è una novità: infatti il disegno di legge sulle semplificazioni prevede nell’art. 41 la modifica dell’art. 2648 c.c., mediante inserimento di questo terzo comma:
La trascrizione può essere richiesta anche sulla base di un atto pubblico o di una scrittura privata con sottoscrizione autenticata contenente la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, resa dall’erede o da un suo successore a titolo universale, attestante l’accettazione tacita dell’eredità ai sensi dell’articolo 476 o l’avvenuto acquisto della qualità di erede ai sensi dell’articolo 485.
La norma non dice se il dichiarante debba indicare quale sia il fatto che abbia dato luogo all’accettazione tacita ex art. 476 c.c., ma solo che debba “attestare” la qualità di erede per avvenuta accettazione tacita e questa ricorre sia nel caso del compimento di atti che comportano l’accettazione tacita ai sensi dell’art. 476 c.c., sia il diverso caso del possesso ultratrimestrale indicato dall’art. 485 c.c.
Peraltro, siccome è l’erede ad assumersi la responsabilità di quanto afferma con atto notorio, è da escludersi che il notaio, laddove autentichi la sottoscrizione, debba chiedere alla parte di indicare i fatti, specie perchè potrebbero essere controvertibili, mentre laddove questo li indichi, sarà sempre responsabilità del dichiarante se i fatti siano veri o meno, giammai del notaio che non deve indagare sul punto.
D’altronde quando in un atto notorio si dichiari una delle qualità previste dall’art. 46 del d.p.r. n. 445/2000, es. l’appartenenza ad ordini professionali o il titolo di studio ecc., si deve solo attestare la qualità e non come la qualità sia stata assunta.
-leggi anche: Obbligo di udienza pubblica nel procedimento disciplinare notarile? L’Italia in causa avanti la CEDU
Autenticazione del documento che comprova l’accettazione tacita dell’eredità
Resta infine il problema dell’autenticazione del documento: l’art. 2658 c.c. prevede che la trascrizione si effettui dietro presentazione della copia autentica, se si tratti di atti pubblici trattenuti da chi li redige -dunque: solo dal notaio- ma quid se si tratti della dichiarazione in originale, direttamente autenticata?
Ora l’autentica degli atti notori da presentarsi ad una pubblica amministrazione -l’Agenzia del territorio per la trascrizione- può essere fatta, ex artt. 21 e 38 d.p.r. n. 445/2000, direttamente “in presenza del dipendente addetto” e dunque dovrebbe perfino ammettersi che la parte possa chiedere personalmente la trascrizione, firmando il titolo (l’atto notorio) avanti al conservatore.
Il legislatore non ha detto nulla perchè non ha provveduto su questo tema; l’unica risposta che sembra profilarsi, con tutte le cautele necessarie in una prima lettura, è che la modifica dell’art. 2648 c.c., essendo contenuta nel decreto c.d. “semplificazioni”, nel suo Capo I Semplificazione dei procedimenti amministrativi in favore dei cittadini, che rientra nel titolo II, Misure di semplificazione in favore dei cittadini ed interpretando la disposizione in coerenza con la “volontà del legislatore” (art. 12 preleggi), lo consenta.
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