Strumenti legali per la tutela del patrimonio personale e familiare: limiti legali e casi pratici

Introduzione

Proteggere il patrimonio familiare è fondamentale per garantire sicurezza e serenità economica ai propri cari, oltre a prevenire che eventuali creditori possano aggredire i beni di valore acquisiti con fatica nel corso degli anni.

In questo articolo si spiegherà in modo semplice e chiaro quali sono gli strumenti legali per la tutela del patrimonio personale e familiare.

In particolare approfondiremo:

  • Cos’è la tutela del patrimonio familiare e perché è importante
  • I principali strumenti giuridici di protezione: fondo patrimoniale, trust, atto di destinazione, e altri
  • Le strategie avanzate per la tutela patrimoniale
  • I limiti all’utilizzo di questi strumenti rispetto alla tutela dei creditori
  • Consigli pratici per mettere in sicurezza i propri beni e preparare il futuro

Perché proteggere il patrimonio familiare?

Il tema dei patrimoni destinati ai bisogni di famiglia deve essere affrontato da due punti di vista, in conflitto tra loro:

  1. da un lato i sistemi di protezione del patrimonio del debitore previsti dal codice civile;
  2. dall’altro le regole di protezione dei creditori, che ovviamente hanno interessi opposti.

Quali sono gli strumenti legali per la difesa del patrimonio?

Un elenco delle singole ipotesi di protezione dei patrimoni è abbastanza breve, anche se poi occorrono ovviamente di particolari distinzioni:

  • le donazioni;
  • la (desueta) fondazione di famiglia;
  • l’adozione del regime di comunione legale per la limitazione di responsabilità o singole convenzioni matrimoniali;
  • il fondo patrimoniale;
  • il patto di famiglia con particolari clausole di destinazione;
  • l’atto di destinazione;
  • il trust; questo, assieme all’atto di destinazione, con le specifiche agevolazioni prevista dalla l. 22 giugno 2016, n. 112 in caso di persone con disabilità;
  • le attribuzioni operate in sede di separazione tra coniugi o di scioglimento dell’unione civile;
  • l’utilizzo della parte disponibile del patrimonio negli atti a causa di morte (ad es. il testamento);

Le prime ipotesi si adottano nelle relazioni in corso; le ultime, come si comprende, attengono o ad una fase in cui la famiglia si rompe o alle scelte operate con il testamento, ovvero per dopo la propria morte.

Questi meccanismi di tutela, al di là delle singole specificità, sono tutti accomunati dalla questione di fondo che ne giustifica l’esistenza: ovvero la risoluzione dei conflitti con interessi opposti ai vincoli che derivano dalla loro adozione.

Il conflitto tra interessi della famiglia e interessi dei creditori

Questi interessi opposti si possono raggruppare un due macro categorie:

  1. interessi confliggenti endo familiari (all’interno della parentela o del rapporto tra coniugi/uniti civilmente) ovvero, in altre parole, gli interessi dei familiari o legittimari in pectore
  2. ed interessi confliggenti extra familiari, cioè gli interessi dei creditori di chi dispone dei beni.

Entrambi questi interessi si confrontano con due posizioni distinte: quella del disponente, in relazione alla libertà di attribuire le proprie sostanze come preferisca, salve le limitazioni per gli atti mortis causa (essenzialmente il testamento, ma anche altri atti che producano effetti verso i futuri eredi).

Dall’altra parte la posizione del beneficiato, di godere liberamente di quanto gli sia attribuito, con una consistenza diversa che è legata alla sua situazione personale.

Infatti, ricevere del denaro per le proprie nozze è cosa del tutto diversa dal vedere vincolato un patrimonio a proprio favore essendo persone incapaci di badare a sé stesse.

E’ per la necessità di configurare il perimetro in cui sono regolati i contrapposti interessi, che occorre affrontare il problema “dall’alto”, ovvero in relazione ai valori in conflitto.

-leggi anche: Eredità aziendale e Patto di Famiglia: guida completa alla successione dell’imprenditore

Il punto di vista del disponente (familiare):

Come ben sappiamo, i motivi (leciti) che spingono qualcuno a disporre dei propri beni sono irrilevanti, è una scelta libera e non discutibile.

Tuttavia quando l’attribuzione è diretta alla salvaguardia di una persona debole, così come individuata dalle regole (legge n. 112/2016), possiamo anche ritenere che il motivo assuma importanza decisiva e rilevante.

Questo soprattutto se la scelta del disponente si ponga in conflitto con l’interesse di una delle altre categorie citate, perché avrà comunque una specifica tutela: ne parlerò sotto, ora il discorso è stato solo anticipato per dire che le forma di protezione delle scelte sono diverse.

Il punto di vista del beneficiato:

Non occorre spendere molte parole per evidenziare che il beneficiato ha interesse a mantenere il beneficio, cioè a godere liberamente di quanto abbia ricevuto.

Questo suo interesse si scontra evidentemente con gli interessi confliggenti, che saranno ovviamente diversi da quelli del disponente, salvo il caso in cui l’attribuzione contenga un onere cui il beneficiato non intenda attenersi.

Il punto di vista del terzo “endofamiliare”:

E’ ben noto che gli interessi endofamiliari tutelati durante la vita del disponente sono molto limitati: uno è rappresentato dal diritto di opposizione alle donazioni (ne ho parlato qui), che peraltro non colpisce attualmente il disponente, colpirà semmai gli aventi causa del beneficiato se ed in quanto un domani si accerti la lesione di legittima.

L’altro è il diritto ad ottenere, quando sia in vita il disponente, ciò che la legge prevede sia attribuito; ad es. gli alimenti nel caso indicato dall’art. 433 c.c. (se il disponente, con donazioni ed altro, si liberi spogli da ogni bene); oppure, nel patto di famiglia, per i diritti dei non beneficiati; ma quest’ultimo è un diritto: a) rinunciabile e b) esercitabile nei confronti del beneficiato, non del disponente.

Tralascio le impugnative di atti tra vivi che il parente possa proporre in ragione dell’incapacità del disponente, perché siamo nell’ambito della patologia degli atti, non della fisiologia.

Il punto di vista del creditore:

L’interesse del creditore è manifestamente quello di essere soddisfatto nel credito, che trova conforto nelle disposizioni che lo tutelano in forma coattiva, rispetto agli atti dispositivi, in via preventiva (il sequestro) ed in via successiva (l’ipoteca giudiziale; l’azione surrogatoria; quella revocatoria) quando non sia munito di cautele consensuali.

Quindi qualsiasi atto di disposizione di una persona si confronta sempre e senza possibilità di sottrarsi, alle regole di protezione del creditore del disponente.

Come la Costituzione tutela il credito e i creditori

L’aspetto principale della tutela del credito è l’assenza di norme costituzionali di riferimento, che possono invece trovarsi a favore degli atti dispositivi di tutela del patrimonio familiare che si fondino ad es. sul principio di solidarietà costituzionale (art. 2), se diretti alla tutela di persone con disabilità o comunque bisognose di aiuto.

Vero è tuttavia che la protezione costituzionale del credito si ricava ugualmente da una serie di pronunce della Corte costituzionale; ad es. la sentenza n. 85/2015, riferendosi alle deroghe alle norme sul pignoramento che assistono le indennità di disoccupazione, ha scritto ch:

tali deroghe sono tassative e non possono operare al di là delle situazioni giuridiche per le quali vengono espressamente previste

Questa sentenza ha ricostruito le molte pronunce anteriori che hanno dichiarato l’illegittimità dei vincoli di impignorabilità assoluta degli stipendi dei pubblici dipendenti e delle pensioni, ammettendo il limite del diritto incomprimibile alla sussistenza, che non può essere superato.

La sentenza del 2015 dice che:

la limitazione della pignorabilità per i crediti da pensione non può consistere nella sottrazione alle pretese dei creditori dell’intera somma spettante, ma solo di quella parte necessaria ad assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita dei pensionati, in conformità al precetto dell’art. 38, secondo comma, Cost.

La necessità di garantire questo minimum vitale può giustificare la compressione del diritto di rivalsa dei creditori sulla pensione ma il sacrificio non può essere assoluto, bensì proporzionato all’entità funzionale ad assicurare il rispetto del disposto costituzionale

In altri passi la sentenza parla del “generale principio della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 cod. civ.” e delle relative “eccezioni tassative di legge“.

Si può quindi configurare un diritto di rilevanza costituzionale alla tutela del credito, comprimibile sì in una certa misura (che non è trascurabile), ma non eliminabile.

Gli strumenti legali a tutela del patrimonio familiare e i loro limiti

Gli strumenti legali a tutela del patrimonio si scontrano con la possibilità per i creditori del disponente di “aggredire” proprio quegli strumenti predisposti per tutelare il patrimonio al fine di soddisfare il proprio credito.

Uno degli strumenti a disposizione dei creditori -e assai utilizzato- è l’azione revocatoria.

L’azione revocatoria è un mezzo legale che permette a un creditore di annullare un’operazione compiuta dal debitore che ha diminuito il valore del suo patrimonio, impedendo così al creditore di recuperare i soldi che gli spettano. In parole semplici, se qualcuno che ti deve dei soldi cerca di nascondere o spostare i suoi beni per non pagarli, l’azione revocatoria serve a far scoprire e annullare quel trasferimento, riportando tutto come prima, così il creditore può avere più facilmente ciò che gli è dovuto.

Di seguito approfondiamo la relazione tra i vari strumenti di tutela del patrimonio e questa possibile azione revocatoria dei creditori.

Gli strumenti di assegnazione di beni in sede di separazione dei coniugi (assegnazione della casa familiare)

La tutela effettiva del credito opera anche in relazione a situazioni nelle quali l’atto dispositivo appare direttamente funzionale all’assolvimento di obblighi di solidarietà.

Mi riferisco in particolare all’azione revocatoria che colpisce l’assegnazione dell’immobile operata in sede di separazione tra i coniugi.

Una sentenza recente, ma sono molte, è la 7/10/2024, n. 26127 della III sezione della cassazione, di cui interessa qualche breve passaggio:

l’accordo di separazione costituisce un atto di natura essenzialmente negoziale – più precisamente, un negozio giuridico bilaterale a carattere non contrattuale (in quanto privo, almeno nel suo nucleo centrale e salvo quanto appresso si dirà, del connotato della “patrimonialità”) – rispetto al quale il provvedimento di omologazione si atteggia a mera condizione sospensiva (legale) di efficacia

Quindi, ove gli effetti dell’attribuzione siano concretamente lesivi degli interessi dei creditori:

nessun ostacolo testuale o logico – giuridico si frappone alla loro impugnazione – ove ricorrano i relativi presupposti – tramite azione revocatoria, tanto ordinaria (cfr., al riguardo, Cass., sez. 1, 23/03/2004, n. 5741) che fallimentare; spiegando che tali azioni non possono ritenersi precluse né dall’avvenuta omologazione dell’accordo di separazione, cui resta affatto estranea la funzione di tutela dei terzi creditori, e che lascia comunque inalterata la natura negoziale della pattuizione), né dalla pretesa “inscindibilità” della pattuizione stessa dal complesso delle altre condizioni della separazione. (Cass., n. 8516/2006, cit.), discutendosi, nell’ipotesi considerata, ” non già di una revocatoria “della” separazione, quanto piuttosto di una (peraltro difficilmente concepibile) revocatoria “nella” separazione: l’impugnativa mira a colpire, cioè, non la separazione in sé, ma il segmento della fattispecie complessa in cui si annida il vulnus alle aspettative di soddisfacimento dal ceto creditorio” (Cass., n. 8516/2006, cit.)

Questo orientamento dimostra come la giurisprudenza tuteli il credito anche laddove l’atto di autonomia privata possa essere diretto alla realizzazione di interessi pur meritevoli, quale la protezione del coniuge più debole che, in sede di separazione, riceva la proprietà dell’abitazione.

Altre forme di assegnazione di beni in sede di separazione dei coniugi

E’ ben vero che la tutela si può realizzare anche con la semplice assegnazione a titolo di godimento (e non di proprietà), ma anche qui la cassazione impone di verificare:

se il trasferimento immobiliare posto in essere da un coniuge in favore dell’altro in esecuzione degli accordi intervenuti in sede di separazione consensuale costituisca atto solutorio dell’obbligo di mantenimento

Infatti l’assegnazione: così l’ord., 4/7/2019, n. 1790:

può colorarsi dei tratti della obiettiva “onerosità”, ai fini della più particolare e differenziata disciplina di cui all’art. 2901 c.c., in funzione della eventuale ricorrenza, nel concreto, dei connotati di una sistemazione “solutorio – compensativa” più ampia e complessiva, di tutta quella serie di possibili rapporti aventi significati (o eventualmente, solo riflessi) patrimoniali, i quali, essendo maturati nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale, per lo più non si rendono perciò sempre – guardati con sguardo retrospettivo – immediatamente riconoscibili come tali” (così, testualmente, già Cass. 23/03/2004 n. 5741)

Ora sebbene sia chiaro, leggendo il testo delle sentenze, che si è spesso in presenza di assegnazioni dirette sottrarre i beni ai creditori (il caso appena citato è un esempio), resta il fatto che il tema scorre tra gratuità ed onerosità dell’assegnazione, non di esclusione radicale dell’assegnazione dalla revocatoria.

La rinuncia all’eredità come strumento di tutela del patrimonio

Quando un chiamato all’eredità rinuncia al fine di favorire i propri discendenti o altri soggetti che possano beneficiare della rinuncia (e che sono quasi sempre suoi familiari), questa rinuncia è precaria.

Il creditore è infatti tutelato anche qui: oltre alla ben nota impugnazione proprio della rinuncia all’eredità (art. 524 c.c.), è ormai ammessa l’impugnazione del “silenzio” all’actio interrogatoria ex art. 481 c.c. (Cass., 28/08/2023, n. 25347) ed anche alla rinuncia all’azione di riduzione, posto che: Cass. 28/07/2023, n. 23036:

la rinuncia del coniuge all’azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima può comportare un arricchimento nel patrimonio della figlia beneficiata, nominata erede universale, tale da integrare gli estremi di una donazione indiretta, se corra un nesso di causalità diretta tra donazione e arricchimento

Gli atti in adempimento di doveri morali o di pubblica utilità come strumenti per la tutela del patrimonio

L’art. 163 del codice delle crisi di impresa -che interessa se il disponente sia soggetto a liquidazione giudiziale perché imprenditore-, salvano dalla regola dell’inefficacia, gli atti compiuti in adempimento di doveri morali o di pubblica utilità, purchè proporzionati al patrimonio del donante.

Le applicazioni giurisprudenziali di questa regola (come funzionava nel passato) sono rarissime: due sentenze hanno ritenuto che le donazioni remuneratorie, in quanto non obbligatorie (le donazioni infatti non sono mai “obbligate”), non possano ritenersi eseguite in adempimento di un dovere morale (cass., 13/05/1987, n. 4394 e 14/02/1997, n. 1411); quindi non si salvano.

La tutela del patrimonio in rapporto al principio per cui il debitore non può donare (nemo liberalis nisi liberatus)

Le molteplici applicazioni dell’azione revocatoria, che rende inefficaci per i creditori gli atti gratuiti compiuti dal debitore (in ogni settore: anche nel fondo patrimoniale, ad es.), danno vita alla regola per cui il debitore non può trasferire gratuitamente nulla senza subire le azioni dei creditori, ogni volta che il debitore stesso svuoti con le proprie scelte il proprio patrimonio.

Più in generale, qualsiasi sia l’atto con cui si destina un patrimonio ai bisogni della famiglia, pur nella meritevolezza degli obiettivi perseguiti, questo atto non può andare a danno del creditore che perda la garanzia patrimoniale (art. 2740 c.c.), nel senso che la tutela del creditore non può venir limitata dalla natura dell’atto attributivo, perché anche la tutela del credito è meritevole.

La tutela del patrimonio endo-familiare

Nell’ambito della famiglia ristretta, vi sono alcuni interessi tutelati “per il futuro”, ovvero quelli dei legittimari in pectore (approfondisci qui le quote che spettano), ovvero dei parenti (futuri ipotetici eredi) cui spetta il diritto di opporsi alle donazioni, al fine di mantenere la tutela se, quando si aprirà la successione del donante, saranno lesi nella legittima e vorranno procedere all’azione di riduzione (art. 563 c.c.).

Va ricordato che solo chi sia legittimario in pectore (cioè per il futuro) è concessa questa protezione anticipata; legittimari (futuri) sono solo i discendenti, il coniuge o l’unito/a civilmente ed in loro assenza, gli ascendenti; fratelli e sorelle, quindi, non sono protetti.

L’azione di riduzione non è previamente rinunciabile e quindi questa tutela non è disponibile finche il donante sia in vita.

Il divieto di patti successori (art. 458 c.c.) impedisce infine di regolare mediante contratti, i diritti che spetteranno su successioni future: sia tra futuri eredi (dunque non si può rinunciare, nemmeno per per contratto, ad un’eredità futura), sia tra il titolare dei beni ed i suoi futuri eredi (quindi non si può attribuire per contratto un’eredità in cambio di qualcosa).

Quali sono le forme possibili di protezione dei patrimoni?

Sulla base di quanto fin qui visto, appare evidente che la scelta del tipo di atto utilizzabile per sopperire ai bisogni di famiglia è neutrale rispetto alle forme di tutela che l’ordinamento attribuisce ai creditori, che saranno sempre tutelati, mentre varia quando si considerino gli interessi endofamiliari, pensando cioè ai diritti dei futuri o attuali legittimari (approfondisci qui chi sono i legittimari).

Riprendendo quindi l’elenco delle ipotesi indicate inizialmente, si può evidenziare il rapporto della singola fattispecie con questo insieme di limiti.

Donazioni

Tutte le donazioni sono soggette ad azione di riduzione se, al momento della morte del donante, sia stato leso il diritto dei legittimari alla loro quota di riserva.

Il donante può solo “dispensare dalla collazione e dall’imputazione” chi riceva la donazione, ma solo nei limiti della quota disponibile, che varia a seconda di quanti legittimari saranno vivi al momento della sua morte.

La (desueta) fondazione di famiglia

Essendo la dotazione patrimoniale della fondazione un conferimento a titolo gratuito, anche questa è soggetta all’azione di riduzione dei legittimari lesi (con la fondazione come destinatario della domanda).

Il trust e l’atto di destinazione

Sia il Trust sia l’atto di destinazione si prestano esattamente alle medesime obiezioni.

Il patto di famiglia

Questo istituto regola il trasferimento fatto in vita (quindi non con testamento) dell’azienda del disponente ad uno solo dei legittimari futuri e se partecipano tutti i possibili ulteriori legittimari, cui spetta solo una liquidazione in denaro (se non rinuncino) poi gli stessi non avranno alcuna tutela (approfondisci qui).

Sono tutelati solo i legittimari attualmente non esistenti: ad es. un figlio che nasca dopo il patto di famiglia o il secondo coniuge, cui il codice riserva, comunque, il diritto ad una somma di denaro.

Non è ancora risolto dalla giurisprudenza il tema, molto discusso, dell’assenza di un legittimario in pectore esistente al momento dell’atto: ad es. un figlio che si rifiuti di partecipare al patto.

Per chi ritiene che l’assenza di questo soggetto determini la nullità del patto, allora siamo di fronte a comportamenti spesso ricattatori (se non ricevo di più non vengo dal notaio); invece per chi come me ritiene che non si tratti di ipotesi di nullità, il meccanismo può funzionare accantonando le somme di spettanza del non partecipante (alcuni notai praticano questa soluzione).

Segnalo che è aperto il tema della determinazione dell’asse al momento della morte del disponente, su cui le opinioni divergono (Sicchiero, Come si calcola l’asse dell’imprenditore che ha stipulato un patto di famiglia?, Vita notarile, 2021, pag. 1181 ss.).

Costituzione del fondo patrimoniale o di convenzioni matrimoniali

Pur essendo utilizzabili per la gestione dei beni con le specifiche finalità impresse, comunque sono destinate tutte a venir meno con il cessare del vincolo matrimoniale.

Le attribuzioni operate in sede di separazione tra coniugi o di scioglimento dell’unione civile

Queste appartengono alla patologia della famiglia e dunque sono inefficienti per la fisiologia della famiglia, ovvero per risolvere problemi attuali di una coppia che non intenda separarsi.

Limiti esterni

Vediamo ora per ciscuno di questi strumenti legali quali è il loro limite di efficacia nei confronti dei terzi e dei creditori.

Atti tra vivi con attribuzioni a titolo gratuito

Tutti gli atti tra vivi con attribuzioni a titolo gratuito, inclusa la creazione di un fondo patrimoniale, sono soggetti all’azione revocatoria, se lesivi delle aspettative dei creditori del disponente.

L’adozione del regime di comunione legale

Per la limitazione di responsabilità dei beni in comunione relativamente ai debiti del singolo coniuge (e non per la gestione dei beni che ne fanno parte): qui siamo in presenza di una ipotesi di effettiva limitazione di responsabilità prevista dalla legge (art, 189 c.c.), che potrebbe agevolare la scelta di questo meccanismo.

Tuttavia la limitazione è intesa dalla giurisprudenza nel senso che: Cass., 19/1/2023, n. 1647:

la natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l’espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà o per una quota

Adozione di singole convenzioni matrimoniali

L’utilizzo della convenzione per cui un bene viene escluso dalla comunione legale oppure viene messo in comunione essendo i coniugi in regime di separazione, comporta l’applicazione del regime relativo alla convenzione, sicchè laddove il bene sia conferito in comunione, varranno le osservazioni appena fatte circa il funzionamento della limitazione di responsabilità.

Il patto di famiglia

Con particolari clausole di destinazione; a mio parere è un atto a titolo gratuito e quindi passibile di azione revocatoria dei creditori.

Conclusioni

In sintesi, la protezione del patrimonio familiare è un processo complesso ma fondamentale per garantire la sicurezza economica e la tranquillità propria e dei propri cari. Gli strumenti giuridici tradizionali come il fondo patrimoniale e l’atto di destinazione hanno oggi limiti che rendono spesso indispensabile l’adozione di soluzioni più moderne e flessibili come il trust. Strategie avanzate possono prevedere inoltre l’uso di società o fondazioni estere.

La chiave del successo è la pianificazione preventiva, realizzata con competenza e attenzione alle esigenze specifiche, per evitare rischi e contenziosi futuri.

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